lunedì 7 gennaio 2008

PARANOID PARK


Paranoid Park

Un ragazzo di Portland amante dello skate commette un grave reato, proprio con la sua tavola: una trama semplice, ma con un significato complesso. Dalla storia, dalle parole, dalle immagini, dai protagonisti e dalle ambientazioni emerge un concetto, quello della sospensione.
In questo suo ultimo film premiato dalla giuria a Cannes il regista Gus Van Sant cerca di dare volto a ciò che sembra essere la cornice dei nostri tempi. Una cornice dai bordi sfumati, quasi del tutto evaporati. Lo skate e l’adolescenza sono i simboli della sospensione. La tavola è, infatti, qualcosa che interrompe il contatto con il suolo e allo stesso tempo annulla l’attrito, grazie alle rotelle si può imparare a scivolare su ogni superficie. L’adolescenza, inoltre, rappresenta la fase più incerta della vita, un periodo pieno di ansie, dove tante aspirazione sono frustrate da uno stato che vede l’individuo ancora impotente.
Il regista in un lungometraggio privo di grandi attori e di location spettacolari, insomma in una pellicola modesta, riesce a trasmettere il senso di vuoto e smarrimento incosciente che colpisce la civiltà occidentale.

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